Visto l'interesse di alcuni, che desideravano leggerlo, riporto qui il testo dell'articolo che l'ANSA, la maggiore agenzia giornalistica italiana, dedicò all'uscita del mio libro. Rinnovo i miei personali ringraziamenti all'Autore del pezzo e alla sua Agenzia di stampa.
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GLI EREDI DI VESPASIANO, IL ROMANZO DI UN DICIANNOVENNE
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GLI EREDI DI VESPASIANO, IL ROMANZO DI UN DICIANNOVENNE
(NOTIZIARIO LIBRI)
ANSA - ROMA, 9 FEB - MATTEO DI VINCENZO: 'GLI EREDI DI VESPASIANO - Il romanzo del Cicolano dei giorni nostri' (CENTRO PROGRAMMAZIONE EDITRIALE, pp.160; 10 EURO) - E' doppiamente interessante e particolare - sia per la giovane età del suo autore (appena 19 anni), sia per il contenuto storico-culturale - questo romanzo di Matteo Di Vincenzo "Gli eredi di Vespasiano", liberamente ispirato a luoghi e tradizioni del Cicolano, terra di Equi e briganti tra il Lazio e l'Abruzzo.
La "Svizzera d'Italia", custodita tra maestose montagne coperte da fitti boschi di faggi e castagni, come amava descriverla lo storico e scrittore Cesare Cantù che era solito dilettarsi della sua aria salubre, come prima e dopo di lui hanno fatto personaggi della storia e della cultura: dal grande imperatore romano Vespasiano all'illustre pittore Giorgio De Chirico. Aspre alture sulle quali, già prima della nascita di Roma, avevano marciato gli Equi. E che fu successivamente teatro della resistenza ai Barbari e ai Saraceni, nonchè oggetto del dominio normanno.
"Gli eredi di Vespasiano" è un romanzo storico-fiabesco: una favola che ha tanto finti e di fantasia i suoi personaggi quanto invece reali e pulsanti i luoghi nei quali il romanzo si svolge, rendendo forti e vivi quei valori, quelle tradizioni e quelle bellezze che, invece, il tempo rischia di portare via per sempre. Matteo Di Vincenzo, infatti, pur nella sua giovanissima età, ha saputo ben assorbire e riportare alla luce, con lodevole passione, uno squarcio di storia sulla bellezza e il pregio di questo lembo di terra.
Protagonista del romanzo è il conte Vespasiano Ottorini D'Orlandi, rinomato avvocato e latinista, ormai novantenne, che con la sua devota assistente Alda e il figlio di lei Donato, vive in un palazzo cinquecentesco di Borgo del Forno, nome immaginario che l'autore assegna al reale lembo di terra tra Case del Forno e Brusciano di Fiamignano, terra natale dei suoi nonni e dove Di Vincenzo è solito, sin dalla prima infanzia, tracorrere gran parte delle sue vacanze estive.
L'avanzata età, le non ottime condizioni di salute e la monotonia e la solitudine di un paese che l'emigrazione verso la vicina capitale ha reso smorto e agonizzante, inducono l'anziano conte a riflettere sulla fragilità della vita, il valore e la paura della morte, rendendolo prigioniero di nostalgici ricordi. Ed è per combattere questo infausto destino che il conte decide di organizzare nel borgo una grande festa di ferragosto, richiamando amici e concittadini da tempo lontani, riportando così, anche se solo per alcuni giorni, il Cicolano agli antichi splendori.
Ed è qui che Matteo Di Vincenzo dimostra di aver saputo acquisire e assaporare tutta la saggezza culturare popolare cicolana attraverso una sapiente osservazione con l'occhio attento e l'amore intenso di chi tiene alle proprie radici. Il suo diventa, insomma, un romanzo di denuncia e di appello alle nuove generazioni perchè - come egli stesso scrive nella prefazione - sappiamo raccogliere il testimone "di una staffetta lunga secoli, nata e portata avanti con l'intento di non far cadere nell'oblio questa piccola grande realtà ricca di testimonianze storiche e di scenari meravigliosi" minacciati dal grande cancro che accomuna e affligge tutte le piccole aree montane del nostro Paese: lo spopolamento.
Matteo Di Vincenzo è nato a Tivoli il 17 marzo 1988, dove ha frequentato il Liceo Classico "Amedeo di Savoia" e risiede a Guidonia Montecelio (Roma). Ha collaborato con il settimanale locale "Tiburno" quando aveva 11 anni, con una rubrica cui è andato il premio speciale "Giornalisti in erba 2000". (ANSA).
09-FEB-07 16:27
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