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giovedì 29 marzo 2007

La parola di Giorgio De Stefano

Riporto il commento di Giorgio De Stefano, mio caro amico e compagno di classe.

Sotto le vesti di una prosa lineare ed asciutta si celano un intento ed un sentimento estremamente profondi e toccanti.
Credo che ormai si sia ampiamente discusso riguardo la raffinatezza ed il pregio letterario che quest'opera, seppur giovanile, contiene; sarebbe quindi più opportuno soffermarsi sull'analisi "psicologica" del romanzo, senza però addentrarsi eccessivamente sul piano personale.
Innanzitutto, il personaggio di Vespasiano, forse un vero e proprio exemplum vitae per il giovane autore, un letterato, un dotto che pur nella sua elevatezza culturale e morale mostra apertamente una nobiltà d'animo, oltre che la nobiltà di sangue, ed una grande sensibilità. Traspare infatti sentimento, altruismo; forse è proprio sul sentimento che l'autore "spinge", non è infatti un testamento affettivo e sentimentale che chiude l'iter narrativo dell'opera?
Anche l'aspetto culturale stupisce nella sua completezza, si parla infatti di riscoperta delle zone del Cicolano, aspetto che non impegna l'intero romanzo ma che occupa un ruolo cardine non solo nell'ambito "escursionistico", incarnato nei cosiddetti "magnifici dieci", volto soprattutto all'esaltazione di località e paesi di grande valore artistico ormai dimenticati, ma anche nell'aspetto culinario, gastronomico. Il nostalgico ricordo di queste zone porta infatti l'autore a menzionare piatti titpici del Cicolano, sia da un punto di vista prettamente culinario, spiegandone la preparazione, sia gastronomico, elecandone le proprietà organolettiche e gustative.
Ritornando però sull'aspetto sentimentale dell'opera, si nota che esso domina ogni singola azione e pensiero del conte, che come contorno alla vicenda testamentaria si impegna nella risoluzione di dissapori familiari e di problematiche varie, pur sempre legate all'emblematico Borgo del Forno, proiezione fiabesca di un antico borgo dominato, appunto, dal conte Vespasiano Ottorini D'Orlandi sia materialmente, dal momento che il palazzo nobiliare ne occupa il cucuzzolo, sia umano e culturale: Vespasiano, infatti, oltre che l'"unico" abitante, ne rappresenta anche un punto di riferimento, sia per la sua erudizione che per la sua grande umanità, per i suoi sentimenti. Sentimenti che emergono ancora nel rapporto con la sua governante Alda, vera e propria "persona di fiducia" per il conte, piena si savoir-faire ed affettivamente legata, insieme all'amato figlio Donato, con il conte e con la sua famiglia.
Si potrebbe così parlare, per un romanzo così estremamente vario, di autore poliedrico, in grado di spaziare dalla Storia alla Filosofia, dalla Cultura Greca e Antica in genere alla Religione ed ai rapporti umani, che affronta e tratta con un filo di velato ottimismo.
Giorgio De Stefano

venerdì 9 marzo 2007

Gli eredi di Vespasiano è su Ansa.it

Ciao a tutti! Vi scrivo per informarvi che l'Ansa, l'agenzia giornalistica più importante d'Italia, ha pubblicato sul web un articolo-recensione sul mio libro, dal titolo "Un romanzo-appello sulla storia e le bellezze del Cicolano". Ringrazio di cuore l'autore del pezzo e vi invito a consultare la pagina che potete raggiungere facilmente se in Google digitate le voci "Matteo Di Vincenzo" o "Gli eredi di Vespasiano". Buona lettura!