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lunedì 3 luglio 2017

Geniale dissacratore

Chi rappresenta Fantozzi? Il mio omaggio a Paolo Villaggio nel giorno della sua scomparsa.




Non di tic stiamo parlando, non di smorfie - che appartenevano semmai a Totò - ma di un'epoca. 
Paolo Villaggio ci ha consegnato, al dettaglio, un magnifico pacchetto di Anni '70, in cui la dialettica sociale si fa intelligente dissacrazione: dissacrazione dell'etichetta di una certa aristocrazia, parzialmente decaduta e non più, per mezzi e competenze, automatico sinonimo di governance; dissacrazione della dorata "consuetudine" dei megadirettori, che non si scandalizzano dei propri vizi nemmeno di fronte alla poesia natalizia dell'innocente figliolo di un subalterno; dissacrazione degli schemi familiari: c'è stima, quale amore!; dissacrazione della liturgia del tradimento coniugale, o meglio, della sua intenzione mai compiutamente realizzata (l'episodio di Cortina è un po' banale e grossolano); dissacrazione della cultura d'establishment, quella che da un "occhio della madre" può arrivare a costruire un'ermeneutica d'avanguardia che trova posto solo nei trattati della biblioteca del cinecircolo; dissacrazione della commedia, che in modo rivoluzionario inaugura una nuova stagione cinematografica. 
Fantozzi è immerso nella commistione magmatica di una società che evolve in fretta, quella in cui un impiegato (non ancora un operaio!) può divorare il tordo accanto all'Arcivescovo o svelare l'assassino de L'albicocco al curaro alla contessina Alfonsina, l'azionista di riferimento. Il malcostume appiana ogni differenza sociale, come a nascondere le rughe di un'Italia stanca e invecchiata. Eppure, nel grigiore del piombo di quegli anni, scintillano smaglianti, come fossero coperti di trucco, i titoli e le onorificenze ridondanti nelle targhe e nei biglietti da visita: la forma conta ancora. Eccome. "Ma mi dà del tu?" domanda scandalizzato Fantozzi all'amico Filini. "No, è congiuntivo: batti lei!". Dissacrazione della comunicazione.

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